Don Matteo Losapio
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Religioni

Don Matteo Losapio, nuovo amministratore parrocchiale a Trinitapoli: «Ascolto e collaborazione»

Dal 1° settembre guida la parrocchia di San Stefano Protomartire

Con una comunicazione ufficiale diffusa il 3 luglio 2025, l'Arcivescovo Mons. Leonardo D'Ascenzo ha reso note le nuove nomine pastorali. A Trinitapoli, Don Matteo Losapio è stato nominato amministratore parrocchiale della comunità di San Stefano Protomartire.

Don Matteo si presenti ai parrocchiani ed alla comunità di Trinitapoli?

«Sono Matteo Losapio, presbitero dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie da quattro anni. Sono nato il 21 giugno del 1991 e sono anche figlio, fratello e zio di un nipotino di nome Elio. Grazie alla mia storia ho avuto la possibilità di coltivare e di impegnarmi in un mio interesse che è la filosofia, cercando di metterla a disposizione anche dell'evangelizzazione. Sono laureato in Filosofia presso l'Università di Bari e da dieci anni sono inserito nella redazione di una rivista scientifica "Logoi.ph". Sono anche vicepresidente dell'Associazione "Cercasi un fine" che si occupa di formazione e cultura politica, attraverso il giornale, le scuole di formazione e una scuola di italiano per migranti presente a Cassano Murge. Mi sono occupato di filosofia russa e soprattutto del pensiero di Pavel Florenskij, mentre oggi mi occupo principalmente di filosofia della città intrecciando sociologia, antropologia, arte e urbanistica. Da qualche anno ho all'attivo differenti pubblicazioni per Aracne, Mimesis e Cittadella e curo il mio blog personale Makovec-Filosofia urbana (www.makovec.it). Durante la mia esperienza pastorale sono stato presso la Comunità del Seminario Diocesano a Bisceglie per tre anni e per un anno vice parroco presso la comunità della Sacra Famiglia in Barletta».

Che Amministratore sarà?

«Spero di poter essere un amministratore che sa dialogare con tutti. Mi piace molto la parola "amministratore" perché significa che le persone, i beni, i luoghi non sono una mia proprietà, ma sento la responsabilità di prendermene cura, di valorizzarli e di lasciarli, spero, in condizioni migliori. Amministrare, come ricorda Tocqueville, è differente da governare proprio perché i beni non sono i nostri, perché non ci sentiamo i proprietari di qualcosa ma tutto ci viene dato perché possiamo gestirlo secondo l'indirizzo e la volontà delle persone, mettendosi in ascolto di esse. Per questo, io spero di poter essere un amministratore che sa ascoltare le persone, accompagnare processi, ricordare che le storie come i luoghi sono da custodire per poi lasciare a chi verrà dopo».

Quali sono le attività pastorali che ha intenzione di mettere in atto?

«Trinitapoli si presta ad una varietà di attività pastorali che possono andare dalle pratiche devozionali al dialogo con le associazioni culturali. La prima attività pastorale sarà collaborare con le altre comunità parrocchiali, in una sinergia che veda tutte le persone crescere dal punto di vista umano e nella fede. Per questo motivo, l'intento è innanzitutto coinvolgersi insieme alle altre comunità parrocchiali e insieme agli altri parroci. Di qui, poi, l'intento di mettere in atto una pastorale attenta al territorio, partendo dalle necessità e dalle esigenze della comunità cittadina e non semplicemente ripetitiva di anno in anno. Penso che la pastorale possa essere non una questione a parte rispetto alla vita cittadina, ma abbiamo la possibilità di essere coinvolgente rispetto a tutte le associazioni, enti, scuole che lavorano sul territorio. Ecco perché possiamo pensare ad una pastorale che coinvolga associazioni culturali, che si impegni nel quotidiano per intravedere la presenza del Cristo Risorto anche nelle situazioni più difficili come anche nelle più gioiose».

Parlando dei giovani cosa ha pensato per coinvolgerli nella vostra comunità?

«Don Lorenzo Milani affermava che se avessimo il coraggio di rompere il tavolo da ping pong, forse avremo meno giovani intorno, ma sicuramente ne avremo di meglio formati. Ovviamente, nel linguaggio anche radicale di don Lorenzo, il ping pong rappresenta tutta la mediocrità e la vacuità delle proposte che come chiesa rischiamo di porre. Ecco perché l'intento è quello di parlare di cose alte, di temi ambientali e sociali, di ciò che viviamo giorno dopo giorno, delle ansie e delle attese, delle aspettative che il mondo degli adulti proietta sui giovani e che spesso non è in grado di ascoltare e di intercettare. Coinvolgere i giovani nelle comunità sociali e civili, come anche nelle parrocchie significa avere il coraggio anche di ascoltare discorsi di cui non vorremmo parlare e che spesso non ci piace ascoltare o facciamo finta che non esistano. Ecco perché coinvolgere i giovani è un costante investimento, un osare su un futuro che, forse, non è come lo aspettiamo o secondo le nostre pretese. Per questo, con il passare degli anni e con la mia piccola esperienza, penso che non bastino le iniziative per coinvolgere i giovani, ma chiederci se come parrocchie siamo pronti ad ascoltarli e a farci pro-vocare da loro».
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