Soccorsi e struttura sportiva si tirano fuori da ogni colpa

Parlano presidente AVS e Don Bosco. Cannito: «Defibrillatore era a bordo»

martedì 16 febbraio 2016 14.51
A cura di Giuseppe Capacchione
La struttura sportiva non aveva il defibrillatore, l'autoambulanza del 118 di Trinitapoli, invece, ne aveva ben 2 a bordo. A dire che siano state lanciate delle scariche per tentare di rianimare il ragazzo, come già scritto su TrinitapoliViva, è il presidente dell'Associazione Volontari Soccorritori Casaltrinità, Antonietta De Rosa: «A bordo dell'autoambulanza c'erano 2 defibrillatori che sono stati utilizzati, come testimonia la scheda di memoria dei macchinari già acquisita dalla Magistratura. Inoltre, il nostro mezzo è stato puntuale: alle 18,30 abbiamo ricevuto l'allarme e alle 18,35 eravamo sul posto. L'intervento di una seconda ambulanza, questa volta medicalizzata, è dovuto all'entità dell'emergenza che era un codice rosso. Anche la medicalizzata di Margherita di Savoia, la più vicina alla nostra zona, non ha tardato ad arrivare perché era già a Trinitapoli per un'altra emergenza». Insomma, avere un defibrillatore a bordo è sicuramente un obbligo legale per i mezzi del 118, ma ancora non lo è per le associazioni sportive amatoriali, come la struttura San Giovanni Bosco di Trinitapoli in cui ha giocato domenica sera il piccolo Pio. «Il defibrillatore - afferma il presidente dell'associazione sportiva Domenico Scisciolo - non è obbligatorio nella nostra struttura perché semplicemente amatoriale e non professionistica».

Queste versioni vanno a contrastare ciò che ha affermato la mamma di Pio, 13enne deceduto il 14 sera a Trinitapoli dopo una partita di calcetto, secondo la quale il proprio figlio sarebbe morto a causa della mancanza di un defibrillatore, sia nella struttura che nell'ambulanza, e per un ritardo dei soccorritori di 40 minuti. Solo l'autopsia potrà chiarire le cause del decesso, però nel frattempo il responsabile del 118 dell'AslBat, dottor Cosimo Cannito ha affermato: «È impossibile che non ci fosse un defibrillatore a bordo perché è oggetto di convenzione fra il 118 e l'associazione di Trinitapoli. È possibile che la medicalizzata di Margherita di Savoia sia arrivata in ritardo perché stava già operando su un 46enne trinitapolese, com'è documentato alla centrale di Foggia. Il bambino è morto per una defibrillazione ventricolare e gli è stata fatta ogni manovra per tentare di rianimarlo».